Una sorpresa deve mantenere fede al suo significato.
La neve, che quell’irreale mattina di luglio ci avrebbre sorpreso al nostro risveglio, nulla faceva se non obbedire alle leggi degli esseri viventi, alle semplici parole che da sempre gli uomini usano per comunicare: super-prehensus, prendere da sopra, com’era spesso il modo dei latini per dire di un inganno.
Un dolce inganno, la neve: buona da mangiare, come la manna biblica; fascinante come il canto delle anguane, era una meraviglia che avrebbe cambiato per una piccolissima scheggia di eternità quel paesaggio stagionalmente estivo, facendoci ascoltare un silenzio che raccontava più di tante parole.
Non rimaneva che contemplare ogni sfumatura di quel mutar di nubi, quello scrutar del cielo che sapeva tanto di richiesta di esaudimento di desideri (de-siderius, dalle stelle, appunto) che somigliavano a sogni bambini che ogni adulto conserva sempre inesauditi al cuore.
Senza tutto ciò, cos’altro ci muoverebbe ancora?
